ORIENTAMENTI CONGRESSUALI
DEL XII CONGRESSO ACLI LOMBARDIA
DEL XII CONGRESSO ACLI LOMBARDIA
30 e 31 marzo 2012
Milano, Fiera Milano City
Introduzione - Le ACLI in questa fase di crisi: buona economia, fraternità
La crisi nella quale il mondo si dibatte appare sempre più come crisi sistemica: ne usciremo diversi da come vi siamo entrati, questo a partire dalle grandi variabili del lavoro e del welfare, senza tacere le modalità di sviluppo e gli stili di vita; usciremo più poveri, sia in chiave assoluta che di vistoso impoverimento dei cosiddetti “ceti medi”, ormai avvicinatisi in misura sempre più ampia alle soglie della povertà vera e propria; usciremo rinnovati, nel senso che occorrerà riattribuire valore e significato alle grandi coordinate dell’esistenza personale e della vita sociale.
La “vulnerabilità” sembra essere davvero diventata una categoria globale: sempre meno sono coloro che si sentono economicamente “al sicuro”; sempre più numerosi coloro che avvertono la propria situazione esposta a problematicità più o meno prossime.
La questione è assolutamente concreta e chiede di essere affrontata con grande energia e coerenza. Dobbiamo tornare a riflettere e a discutere per cercare di orientare il destino della nostra società nella direzione di una maggioreequità e coesione sociale, di una salvaguardia dei diritti dei popoli, in particolare dei più deboli.
Finché si continuerà a tollerare un’economia segnata da altissime percentuali di lavoro sommerso e in nero, di evasione fiscale, di illegalità elevata, sarà difficile ridare fiducia e dignità alle persone, rendendo cultura diffusa una concezione secondo cui ciascuno può realizzare al meglio le proprie capacità senza piegarsi ai voleri dei potenti o di coloro che si ritengono tali.
I nodi in discussione sarebbero molti, e sempre convergenti nell’attenzione ad una società più giusta, società alla quale le ACLI intendono dare tutto il loro contributo di pensiero e di azione senza ripiegamenti autoreferenziali – le ACLI non possono esistere se non come servizio alla società e alla comunità – ma nella costante consapevolezza che l’identità associativa rappresenta un dato in continua evoluzione.
Le pagine che seguono si propongono come un contributo nell’elaborazione di tali questioni.
Riprendendo gli Orientamenti congressuali nazionali, non sfugge l’insistenza su due richiami di fondo: l’economia civile e la fraternità.
Parlare di economia civile non è una questione solo da “terzo settore”, ma abbraccia una nuova ed ampia realtà composita, che coinvolge il privato e il pubblico e che non esclude il profitto, ma lo considera come strumento per realizzare finalità umane e sociali (Caritas in veritate, n. 46). Il nostro compito, in tal senso, è lavorare per coniugarespirito imprenditivo e formare le persone ai valori della mutualità, della solidarietà e della sussidiarietà. Come ACLI lombarde possiamo rivendicare percorsi di eccellenza sulla via dell’impresa sociale e mutualistica: in molti territori creiamo economia, e in specie economia buona, difendendo e generando lavoro.
Il secondo asse sul quale insistono gli Orientamenti congressuali nazionali è la fraternità, e con più precisione lafraternità nella logica dei piccoli e dei poveri. Si tratta di un’insistenza che ha avuto nel cammino di Camaldoli uno dei punti di maggiore coagulo di energie per proporre una sorta di “regola di pensiero e di azione” insieme semplice e incisiva, da mettere in pratica, a tutti i livelli del sistema associativo. Si tratta di costruire relazioni associative realmente improntate alla fraternità, e non tali da utilizzare la fraternità come semplice richiamo formale. La fraternità deve innervare i rapporti tra le persone, inclusi i ruoli di potere nell’esercizio delle strutture democratiche che ci caratterizzano.
1) Le basi cristiane dell’associazione
Il profilo cristiano dell’associazione, cui rimanda lo stesso acronimo, rappresenta uno degli elementi che contraddistinguono nel profondo la nostra realtà, come è testimoniato sia dalle intuizioni dei padri fondatori che dalla storia del Movimento. Tale considerazione ci impone di confrontarci in maniera decisa e seria con i fondamenti del messaggio evangelico e con le sue implicazioni nelle condizioni presenti, anche alla luce delle profonde innovazioni generate dal Concilio Vaticano II.
Dobbiamo imparare a reagire con una profonda conversione personale e associativa, che dia prova del nostro credere e praticare il Vangelo di Gesù, fino ad arrivare – se necessario – a testimoniare questa coerenza anche con dei fraterni, ma chiari ”no”: le Acli hanno una propria vocazione fondamentale a cui bisogna sempre riferirsi, nel tempo, per riscoprire le prospettive sempre nuove a cui si aprono e le esigenze mai compiute a cui sono state orientate.
Sorgono per essere nel mondo del lavoro una presenza significativa che diventi lievito, e quindi speranza,ricerca di senso, coesione e comunione, secondo un criterio che Gesù ci ha affidato e che le ACLI hanno il compito di rendere valore laico, e quindi traduzione nel rapporto con gli altri e, nello stesso tempo, genuina e robusta testimonianza nella persona che lo vive e lo porta.
Perciò l’Ispirazione Cristiana e la “Cattedra dei piccoli” come confronto con la Parola di Dio debbono diventare alimento e consapevolezza nel rapporto con la Comunità Cristiana.
E’ importante diventare capaci raccontare ciò che si vive, entrando più profondamente nella realtà per ricomporre una narrazione della vita quotidiana, del lavoro, delle scelte sociali e dei vari problemi del territorio per far sorgere intuizioni, interventi, interrogativi, perplessità, ricerca ulteriore.
2) La centralità del tema del lavoro
L’attenzione al lavoro è da sempre un riferimento costante e decisivo per le ACLI, forse il riferimento per eccellenza.
Oggi tale riferimento appare non già abbandonato ma forse un po’ appannato. Del resto lo stesso “mondo del lavoro” non mostra più quella omogeneità che aveva in passato e anche il sindacato è vittima di una crescente crisi di rappresentanza. Tuttavia questo rimane uno dei nodi ispiratori delle ACLI: nate come associazione di lavoratori, non è possibile smarcarsi da un profilo che a tutt’oggi mantiene un rilievo di carattere fondamentale.
Le ACLI sono nate per “stare nei luoghi di lavoro”; per contribuire alla crescita della consapevolezza dei lavoratori sulla loro condizione di prestatori d’opera; per testimoniare nei luoghi di lavoro quell’ispirazione cristiana che deriva dalla conoscenza profonda dell’insegnamento sociale della chiesa; per fornire occasioni di formazione e diinformazione, ascolto e comunicazione; per favorire lo sviluppo della tutela collettiva delle condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori; per tutelare la loro dignità di esseri umani che vivono il lavoro non solo come strumento di sopravvivenza per loro e per le loro famiglie, ma anche di realizzazione personale, di sperimentazione delle lorocapacità umane e professionali, come condizione esistenziale che conferisce diritti e cittadinanza.
Per la loro storia, sensibilità e radicamento sociale, le ACLI possono ancora dare un contributo di conoscenza e di elaborazione al mondo del lavoro, che sarà tanto più pregnante quanto più avranno consapevolezza della realtà in cui sono stabilmente inserite, ponendo al centro la dimensione umana. Occorre un grande sforzo creativo per rispondere al bisogno primario di lavoro particolarmente per i giovani e le donne, oggi sempre più ai margini della vita sociale e produttiva.
Vi è in ogni modo la necessità che le ACLI aprano una fase di riflessione, una vera e propria battaglia culturale sui temi della legalità e dell'etica. Molte delle distorsioni e dei problemi che pesano sulle condizioni di vita dei lavoratori sono il risultato di una gestione dell'economia, della finanza e delle imprese senza scrupoli, spesso attuata consapevolmente in spregio alle regole e ad un'etica minima di rispetto della convivenza civile sacrificata sull'altare dell'avidità e del profitto ottenuto con ogni mezzo. Basterebbe pensare in proposito al milione di infortuni e ai mille morti sul lavoro ogni anno per giustificare un impegno delle ACLI in tal senso.
3) Welfare e sostegno alle vulnerabilità
Nel corso degli ultimi decenni i Paesi più avanzati, e in particolare quelli europei, hanno elaborato varie forme di welfare a difesa e sostegno delle situazioni più deboli. A monte c’è il principio di giustizia, che si esprime nellaredistribuzione della ricchezza: è questo è un compito insostituibile dell’istituzione pubblica, garante del fatto che chi più ha deve contribuire per chi ha meno.
L’enfasi sulla libertà e sull’uguaglianza, in assenza del paradigma solidaristico/fraterno, ha assunto però negli ultimi anni declinazioni, derive ed aggettivazioni essenzialmente individualistiche contribuendo così ad una perdita di significato del concetto di interesse generale o, meglio, di bene comune, che evoca la solidarietà di una condivisione relazionale.
In tale prospettiva, diviene necessario ripensare ad un welfare che tenga conto dei (e custodisca i) legami. Si tratta del welfare delle relazioni, delle opportunità, delle responsabilità, delle obbligazioni. Si tratta di uno stato sociale che custodisce beni relazionali a fronte dei beni di giustizia. Solo la reciprocità, la solidarietà, il legame dei beni relazionali consente all’uguaglianza di tradursi in equità, alla libertà di scelta di farsi capacità di scelta.
Volgendo lo sguardo ai nostri giorni, le condizioni del Paese sono gravissime. Insieme alle povertà vecchie e nuove sono emerse infatti pesanti differenze a livello di titolarità e fruibilità di diritti essenziali, che poi significa differenza nella condizione di cittadinanza: istruzione, lavoro, condizioni abitative, assistenza e salute.
Le esigenze di riforma del sistema di protezione sociale dei soggetti più deboli non ha portato a interventi significativi di riequilibrio della destinazione delle risorse ai capitoli di spesa in cui le necessità sono maggiori. In questi anni gli interventi hanno avuto semplicemente la caratteristica di ridurre la spesa sul welfare più tradizionale (scuola, sanità, pensioni) senza intervenire attraverso l’analisi delle nuove povertà, di quelle povertà sommerse sopportate da gran parte della popolazione con grande dignità.
Siamo ben lontani dalla progettazione di un welfare più aderente ai nuovi bisogni di protezione sociale della nostra epoca. E siamo ancor più lontani da un intervento razionale dei soggetti pubblici in materia.
Lodevoli sono le iniziative che provengono dalla sensibilità sociale, quali ad esempio il “Fondo solidarietà famiglia e lavoro” attuato nella diocesi di Milano, che per la loro caratteristica non possono che avere una funzione integrativa, complementare, di un intervento universale destinato all’intera popolazione che non può che essere di origine pubblica. La prima forma di solidarietà è quella che si basa sui criteri di redistribuzione ad opera dello Stato nel ciclo tasse/servizi sociali.
La crisi dovrebbe indurre tutti coloro che hanno a cuore la necessità di costruire un moderno, civile ed efficace sistema di protezione sociale ad aprire una fase di conoscenza e di elaborazione di ampio respiro.
Fra le proposte di riflessione all'interno del prossimo percorso congressuale, meritano attenzione alcuni temi chiave, quali:
- Cittadinanza attiva e partecipazione: pensiamo che il welfare sia sempre più un motore di sviluppo che, se ben gestito, crea lavoro, libera risorse umane, produce capitale sociale.
- Welfare municipale: pensiamo sia necessario investire sul territorio, non tanto attraverso un sistema organizzato di servizi gestiti direttamente dall’ente locale in quanto istituzione politico-amministrativa, bensì grazie ad un processo in cui tutte le diverse componenti, vivendo nella città, possano partecipare alla realizzazione delle condizioni di benessere. Il welfare municipale è un processo di governance dal basso e nasce da pratiche locali che danno risposte a bisogni concreti espressi da soggetti concreti e che fanno emergere significati condivisi del vivere insieme tra persone e tra famiglie.
- Costruire rete sul territorio: di fronte alla frammentazione dei bisogni ed alla complessità del sociale occorre abbandonare gli interventi settoriali per dare vita ad una larga alleanza atta afavorire e valorizzare l’impegno civico dei soggetti della comunità, attivando reti, coalizioni e partnership. Un approccio che abbia quale orizzonte non solo il bene comune ma che metta in primo piano le relazioni e la partecipazione, la crescita di responsabilità civile.
4) Sviluppo sostenibile e stili di vita
Le gravi e drammatiche difficoltà causate dalla crisi economico-finanziaria non ci possono far dimenticare che lo sviluppo economico non può in alcun modo essere dissociato dalla sua “sostenibilità”.
Nuovi modelli di sviluppo e nuovi stili di vita sono categorie che si intrecciano strettamente e che devono essere capaci di creare un nuovo modo di pensare, una “cultura” alternativa a quella dominante del pensiero unico governato dal denaro e dal suo interesse. Affrontare il tema degli stili di vita nell'attuale contesto socio-economico non può e non deve prescindere da una ridefinizione profonda della relazione tra democrazia, economia e sviluppo.
E' proprio all'interno di questo passaggio logico che si inserisce il tema dell'economia civile e solidale come insieme di strumenti in grado di attenuare gli squilibri e le instabilità che il modo di produzione e il sistema finanziario capitalistico hanno generato e ancora generano.
La fatica che come aclisti dobbiamo compiere è quella di avvicinarci a queste riflessioni in chiave non ideologica, ma piuttosto vedendole come stimoli per l'azione sociale di un soggetto collettivo, di un sistema.
Dalle analisi dei dati e dalle riflessioni scaturite dall'indagine conoscitiva proposta dalle ACLI regionali sui circoli lombardi, viene ad esempio alla luce un nuovo modello di circolo sempre meno collocato ideologicamente e sempre più orientato all'impegno civile e ad un ruolo di guida delle comunità locali su temi specifici.
Quattordici nuovi circoli ACLI nati sul territorio lombardo negli ultimi cinque anni sono legati proprio a tematiche di impegno sociale strettamente attuali riconducibili all’economia civile e solidale: Gruppi d'Acquisto Solidale e per il Risparmio Familiare; salvaguardia dell’ambiente e della salute; finanza etica; commercio equo e solidale; comitati di tutela del territorio o delle aziende locali; creazione di filiere corte per la valorizzazione di produttori ed aziende agricole a km zero; progetti di cooperazione, anche internazionale; cura dello start-up di imprese sociali green.
Commetteremmo un errore strategico enorme se, come associazione, non cogliessimo la necessità di agganciare questi temi al motore della nostra associazione e, quindi, ai circoli, ai territori, e più in generale alla funzione di sviluppo associativo.
5) Tesseramento, associazione e servizi: un interscambio non facile
Occorre un nuovo modo di fare le ACLI, in cui accoglienza, relazione, condivisione, partecipazione, testimonianza divengano esperienza quotidiana e siano i punti cardine su cui ri-costruire il rapporto con gli associati e fra questi ed i soggetti della costellazione aclista.
La ricerca di un modello organizzativo alternativo, un “modello relazionale”, capace di garantire armonia ed equilibrio fra i soggetti del sistema delle ACLI risulta cruciale per evitare fratture interne negli snodi che costituiscono il sistema e sviluppare un progetto di "buona relazione" e integrazione tra le sedi territoriali e le altre strutture del movimento, tra servizi e associazione, tra livelli politico e tecnico, tra presenze professionali e volontarie.
L'attuale configurazione organizzativa delle ACLI, in ragione di un sistema accentrato e sovraordinato, finisce a volte per non essere abbastanza efficace per via della poca fluidità dei processi gestionali e decisionali, della scarsa attitudine/disponibilità al cambiamento e dell'incapacità di accogliere i "segnali deboli" e le istanze del territorio, coinvolgendo i soggetti, anche "marginali", nella costruzione di un sistema orientato alla partecipazione e alla co-responsabilità.
Una riforma dell’attuale modello implica scelte coraggiose e lungimiranti, riaffermando il concetto di fondo dellasolidarietà democratica, anche tra i vari attori del sistema, attraverso un processo di valorizzazione delle specificità e potenzialità che caratterizzano le diverse esperienze (associativa, di servizio, di cooperazione e impresa) e i territori della nostra regione, lavorando sulla reciprocità fra i soggetti e sulla coerenza fra azioni e finalità sociali.
Anche la dinamica con cui un socio diviene tale è oggi inedita rispetto al passato: la tessera non può limitarsi a rappresentare una mera opportunità di sconto o agevolazione rispetto all’accesso ad un servizio ma è importante che sia il frutto di una scelta consapevole, la manifestazione della propria condivisione delle finalità associative e scelta di impegno attivo e personale,.
I nostri servizi rappresentano oggi spesso la principale via d’accesso al sistema, il momento di contatto per l’avvio dell’esperienza associativa. Per tale ragione è ancor più importante spostare il focus dalla dimensione o dall'efficienza economica dei singoli servizi erogati, orientando lo sguardo verso una strategia unitaria di sistema, capace di accogliere le persone che si rivolgono alle nostre strutture, accompagnarle in un percorso di scoperta dell’associazione, dei suoi valori, delle sue radici e delle proposte d’impegno sociale di cui è protagonista.
Solo così le ACLI riusciranno sempre più ad essere un’organizzazione fatta da persone che liberamente e gioiosamente scelgono di condividere e aderire ad una proposta, dedicando il proprio tempo e le proprie competenze nel creare comunità, nell’offrire un buon servizio alle persone, nel costruire esperienze di partecipazione attraverso una felice commistione di volontariato e di lavoro.
Un passaggio chiave sta nel ribadire e restituire dignità e ruolo del circolo nel sistema associativo, lavorando da un lato, allo sviluppo di nuovi modelli ("laboratori solidali di comunità" per la partecipazione; spazi per il confronto democratico; esperienze di aggregazione interculturale e interreligiosa; ripensando al modello dei circoli con mescita; sostenendo i promotori sociali ed i volontari impegnati ai vari livelli; migliorando il rapporto con le parrocchie e le altre realtà associative di promozione sociale; creando sinergie operative e progettuali fra i servizi e le associazioni specifiche e professionali promosse dalle ACLI); dall'altro, lavorando molto sulla formazione, l'ascolto e lacomunicazione per la costruzione di una narrazione condivisa dell'agire associativo.
Alla luce di tali riflessioni, che rappresentano una sorta di “rivoluzione copernicana”, anche le competenze e le risorse dei livelli centrali e dei vari soggetti sociali devono essere prevalentemente destinate a rinforzare e rinnovare la base associativa in modo che anche il complesso sistema dei servizi possa arricchire, con le proprie peculiari potenzialità e attraverso esperienze di economia civile e di risposta ai bisogni delle persone, la proposta associativa delle ACLI.
6) La nostra presenza nel confronto politico sui territori
Così come in passato, è oggi importante che l'impegno politico delle ACLI contribuisca allo sviluppo di maggiore consapevolezza e responsabilità all'interno di una società civile che non si rassegna all’individualismo e all’indifferenza verso gli altri; è una grande forza che motiva agli ideali della carità, che concepisce la gratuità come valore, il bene relazionale come capace di costruire legami sociali veri.
Riteniamo che lo specifico della politica sia l'essere tra le persone, dentro le relazioni personali e di gruppo, che, nel loro insieme, fanno di una semplice somma d'individui, una società.
La società civile non è il piano inferiore dell’edificio della politica, ma è un piano alto che si impone per la dignità qualitativa della sua dimensione di gratuito e di bene comune e perché sta fuori dalla logica degli interessi spartitori e partitocratici. Come possiamo allora far valere questo valore aggiunto, dargli dignità, rivendicare la titolarità di una funzione politica che le compete?
Tante le domande, poche e difficili le risposte. In ogni caso il nostro impegno deve ripartire dalla formazione di base sui territori, facendo rete con le altre realtà territoriali di ispirazione cristiana e comunque con quelle più affini alla nostra mission associativa.
Una costante delle nostre strutture associative è di porsi come strumento e luogo di partecipazione.
Formazione politica, momenti pubblici, incontri e dibattiti: moltissime sono le forme attraverso le quali i nostri circoli danno un apporto significativo nell’animazione della cosa pubblica.
Numerosi sono gli aclisti impegnati nelle amministrazioni locali, con ruoli di consiglieri municipali, assessori e sindaci, fino a salire nei gradini più alti della scala della rappresentanza politica. Si tratta di uno degli aspetti più fecondi della nostra esperienza associativa, che manifesta la propria maturità e capacità nel generare forme di impegno nella vita politica e sociale.
7) Le ACLI in Lombardia: peculiarità, ruolo, prospettive
E’ difficile negare che le ACLI lombarde rappresentano una porzione assai significativa all’interno del panorama aclista e più complessivamente nel contesto sociale della regione Lombardia. Inoltre, esse hanno una grande responsabilità nel panorama nazionale delle stesse ACLI. Pensiamo alla forza dei numeri: quella (relativa) del tesseramento, con un sesto circa delle adesioni nazionali; e quella economica e dei servizi, posto che un terzo del totale nazionale delle pratiche fiscali e di patronato, ed i conseguenti ricavi, vengono realizzati proprio nella nostra regione. Ciò si deve a molti fattori, come la “capacità imprenditiva sociale” che tradizionalmente segna i nostri territori, o ancor più la generosità e l'impegno nel volontariato: è questa un’altra nota che connota a larghi strati le ACLI lombarde. Proprio grazie all’apporto dei volontari le nostre strutture – inclusi e servizi e le imprese sociali – possono mantenere quel radicamento territoriale che da sempre ci contraddistingue. Più in generale, è questa una delle principale qualità del tessuto associativo lombardo; la diffusione dei circoli, il radicamento nei territori, la capacità di tessere relazioni buone e di creare legami tra le persone costituisce una delle principali ricchezze associative.
Occorre assumere con onestà e rigore il confronto tra le indicazioni di principio che rappresentano l’ossatura portante della nostra associazione e il volto concreto che essa assume quotidianamente, riflettendo su come le ACLI si presentano sui territori, con quale propositività sociale e politica, quale capacità aggregativa.
Solo ponendo il senso della relazione al centro del nostro sforzo associativo saremo in grado di costruire le ACLI a servizio e a misura delle persone dei nostri territori.
Riteniamo che tale impegno sia la strada da percorrere per essere vere sentinelle sui territori, attente e lungimiranti:
- capaci di intervenire con puntualità e rigore, con l’azione e insieme con il giudizio e le proposte politiche, sulle frontiere del lavoro e del welfare;
- capaci di tessere relazioni buone tra le persone e di conseguenza costruire reti fraterne in grado di sorreggere il percorso esistenziale di tante persone;
- capaci di disegnare uno “stile di vita” alternativo alla logica corrente radicata unicamente nel benessere economico, radicandosi viceversa nel messaggio antico e sempre nuovo del Vangelo e della sua Parola di salvezza e di libertà.

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