Il Progetto “Piazza Capuana - Spazio Agorà” è un’iniziativa avviata nel quartiere Quarto Oggiaro, a Milano, da Acli Lombardia, insieme alle associazioni Civitas e Con Voi Onlus, in co-progettazione con il Comune di Milano.
Quarto Oggiaro è una tipica periferia metropolitana. Non troppo lontana geograficamente dal centro, essa è tuttavia marginale a livello economico, sociale e culturale. Il posizionamento decentrato sulla mappa urbana e la sua stessa struttura urbanistica a carattere popolare la escludono dalla dinamicità del capoluogo lombardo e dai flussi della ricchezza globale che vi transitano.
Il quartiere, nonostante alcune importanti criticità (elevati tassi di disoccupazione e di abbandono scolastico, incremento della popolazione anziana che vive sola, aumento del numero delle famiglie immigrate, presenza della criminalità organizzata, etc), non manca di significative risorse sulle quali i promotori del progetto hanno con grande sensibilità ed intelligenza investito.
Primo, un profondo radicamento al quartiere da parte dei suoi abitanti che, dagli anni 60 in poi, vi si sono insediati senza il turn over conosciuto da altre aree cittadine. Secondo, un forte desiderio di socialità e di partecipazione che colloca inaspettatamente questo quartiere in cima alla lista delle aree milanesi maggiormente attive a livello di associazionismo. Terzo, un’acquisita capacità progettuale coltivata pazientemente in anni recenti grazie all’esperienza dei progetti Urban II Milano e “Spazi di Relazione per lo sviluppo locale”, finanziato da Regione Lombardia, che ha visto attivi, accanto alle ACLI, numerosi soggetti organizzati del quartiere.
Siamo nel 2008 e mentre si vanno chiudendo gli interventi sopra citati, gli enti che si sono spesi a fianco della popolazione intuiscono che occorra in qualche modo restare nel quartiere e continuare un lavoro che si è rivelato solo in prima battuta essere di ascolto e di accompagnamento individuale, ma che, nella sostanza, è una paziente tessitura di socialità, integrazione e coesione sociale.
Metafora della fragilità del quartiere è il progressivo degrado della piazzetta Capuana, un tempo luogo di ritrovo anche grazie ai numerosi negozi aperti e allo sportello dell’ASL. Chiusi la maggior parte degli esercizi commerciali, smantellata la presenza istituzionale, la piazza diventa facilmente spazio respingente e pauroso, luogo di spaccio e di avvio alla devianza.
Nasce così l’idea del progetto AGORA’. Il mondo associativo, richiamata l’istituzione cittadina, mette in campo un nuovo percorso di riqualificazione sociale attraverso un recupero urbano, quello della piazzetta Capuana, appunto.
Il Comune di Milano e la neonata Associazione temporanea di scopo guidata da Acli Lombardia con Associazione Con Voi e l’Associazione Civitas riaprono gli spazi un tempo gestiti dall’ASL e lo trasformano in un punto di riferimento per il quartiere.
Qui, nonostante il mantenimento di un’offerta di servizi (di cui le popolazioni più fragili del quartiere fanno quotidianamente richiesta), il baricentro è chiaramente posto sulla costruzione di relazioni. Gli operatori e i volontari ascoltano e disegnano un accompagnamento individualizzato che generi benessere a tre livelli: la risposta concreta al bisogno dichiarato, la risposta relazione a bisogni spesso nascosti, l’integrazione della persona stessa dentro al più ampio tessuto del quartiere.
Accanto al segretariato sociale, al servizio di accompagnamento per gli anziani e di prevenzione alla devianza, allo sportello educativo per i ragazzi, alla mediazione familiare e legale, al supporto pedagogico per le famiglie fragili, al Gruppo di Acquisto e Risparmio familiare, nascono quindi soprattutto relazioni, fiducia, voglia di riscatto. La piazza cambia volto grazie ad un nuovo arredo urbano, divenendo segno di un possibile cambiamento più profondo. Il valore prodotto dal progetto sta forse proprio nella sua ostinazione a voler cambiare uno scenario – la piazzetta Capuana – per rendere possibile nuove traiettorie personali e di quartiere.
L’innovazione del progetto e la sua generatività non sono forse da ricercarsi nel cosa è stato messo in campo, ma nel come lo si è fatto. Per ACLI il progetto ha significato dare vita a nuovi modi di concepire la propria mission, a partire dalla decisione di investire in aree fragili, dove la scelta di stare accanto a quella fragilità diventa occasione preziosa per ridare senso e direzione al proprio essere associazione cattolica e associazione di lavoratori.
E’ da questa nuova sintonizzazione con le persone, le famiglie, i gruppi, i loro problemi e le loro risorse che è possibile rigenerare il sociale.
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NOTE SU ACLI-LOMBARDIA: PROGETTO PIAZZA CAPUANA-SPAZIO AGORA’
di Patrizia Cappelletti
Dire cosa sia la periferia urbana oggi non è cosa semplice. La tradizionale opposizione tra aree centrali e periferiche non regge più, almeno da quando, non senza sorpresa, ci si è accorti che processi analoghi di frammentazione e di eterogenizzazione stavano incominciando ad attraversare indiscriminatamente la città intera, mettendone a dura prova la tenuta.
Ma ciò non significa che le periferie siano scomparse. Semmai non è più la localizzazione sulla mappa urbana che rende tale un pezzo di città, quanto il suo ritmo fuori tempo, l’inerzia al movimento, il respiro affannato di chi non ce la fa a stare dietro alla corsa impazzita dei flussi o l’apnea di chi ha rinunciato a concorrere ad una gara che lo vedrà sempre ultimo.
Le periferie sono luoghi dove il tempo va più lento. Dove tutto va più lento: l’economia, il fare impresa, la mobilità sociale, perfino le persone e le loro esistenze.
Quarto Oggiaro, quartiere popolare nella cintura metropolitana meneghina dove, per indicare la visita al centro ancora si dice “Vado a Milano!”, rischia di essere uno dei pezzi di città in cronico ritardo sul passo ben più celere del capoluogo lombardo. A restare indietro sono soprattutto gli anziani, spesso soli, emigrati dal Sud negli anni del boom industriale, e quei ragazzi che, abbandonata la scuola anche a motivo di una famiglia fragile, finiscono per restare intrappolati dalle maglie della microcriminalità e dello spaccio.
Se è impensabile immaginare di rallentare le logiche della città contemporanea (che, del resto, attivano ricchezza, reti lunghe, competenze, progettualità) è forse possibile tenere agganciati ai destini del centro questi quartieri sensibili, senza che si trasformino in zavorra per la città intera?
In questa luce va letto il progetto Piazzetta Capuana Agorà promosso da Acli Lombardia insieme ad altre realtà del Terzo Settore e in co-progettazione con il Comune di Milano. Gli elementi più interessanti di questo intervento – che è insieme di riqualificazione spaziale (la piazzetta Capuana) e sociale (avviare la costruzione di uno spazio di relazione dal sapore dell’agorà) – possono essere identificate in almeno tre direzioni.
La prima: l’idea è stata proposta all’istituzione – il Comune di Milano, nello specifico – affinché quest’ultima assumesse appieno il suo ruolo di visione e di governo. Il progetto in qualche modo, nel sollecitare l’istituzione a ritornare nel quartiere, a prendersi cura della sua città, seppure lenta e marginale, ha finito per rigenerare l’istituzione stessa. Chiamandola al tavolo di progettazione e di concertazione, i promotori del progetto hanno contribuito a far rivivere la sfera istituzionale, a promuoverne il riconoscimento, dimostrando che è possibile lavorare insieme, conciliando logiche e linguaggi eterogenei, se si è guidati da un medesimo desiderio.
La seconda: il progetto Capuana-Agorà è stato pensato e realizzato non sul quartiere, in una dinamica top-down, ma con il quartiere, a partire dalle sue risorse interne – le numerose associazioni, i suoi tanti gruppi informali desiderosi di partecipare ad un disegno, ad un’emancipazione – e dalle sue competenze maturate a seguito di progettualità importanti come Urban II (non è competenza raffinata saper condividere visioni, strumenti, risorse per un fine comune?). La città funziona quando le sue aree periferiche diventano vere e proprie “periferiche”, centraline capaci di circuitare energia, pensiero, capitali.
La terza: le attività messe in campo sono state definite dopo un paziente lavoro di ascolto e di comprensione dei bisogni del territorio. Spesso i tempi dell’aiuto sociale sono talmente stretti da imporre risposte standardizzate e preconfezionate. Il progetto ha saputo sostare dentro lo strano spazio-tempo della periferia, ha atteso che ne emergessero non solo i bisogni ma anche possibili soluzioni, o, meglio, relazioni che non raramente sono anche, almeno in parte, soluzioni. Facendo nascere legami tra persone, gruppi e istituzioni, il progetto ha cercato di restituire alla città pezzi di Milano, alla popolazione milanese parte di sé stessa. E poiché la forza di un sistema (sociale) non si misura dalla robustezza del centro ma dalla compattezza di tutte le sue parti, forse oggi Milano è un po’ più forte di prima.
Un ultimo pensiero. Non è possibile governare ciò che non si conosce, tuttavia la conoscenza non si compra a buon mercato. Il suo prezzo è la concentrazione. La città contemporanea, invece, rischia di vivere sempre fuori da se stessa, estroflessa, distratta. Il rischio è che perda il contatto con il Sé urbano più profondo, quella matrice di civiltà che nel ricordarti chi sei, ti mostra anche più chiaramente dove andare.
Ci vorrebbe davvero un po’ più di concentrazione. Sarebbe forse più facile intuire che quella che si pensava fosse una zavorra è invece la parte di umano che ci permette di essere ancora una città.
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